IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento contro
Bignardi  Massimo,  nato  a Milano il 18 settembre 1981, residente in
Milano,  via  Maratta  n. 6, difeso d'ufficio dall'avv. Marco Brocca,
con studio in Milano, corso XXII Marzo n. 24.
    Il    25 maggio    2001    il   pubblico   ministero   richiedeva
l'archiviazione   del  procedimento  iscritto  a  carico  di  Massimo
Bignardi  per  il  delitto  tentato  di  furto, commesso in Milano il
10 maggio  2001,  affermando  che  la querela era stata presentata da
soggetto non legittimato.
    Il    giudice    per    le   indagini   preliminari,   ai   sensi
dell'articolo 409,  comma 2, c.p.p. ritenendo di non poter accogliere
la richiesta, fissava udienza camerale.
    All'esito  dell'udienza  camerale,  il  giudice  per  le indagini
preliminari  disponeva,  ai sensi dell'articolo 409, comma 5, c.p.p.,
che  il  pubblico  ministero  formulasse l'imputazione per il delitto
tentato di furto aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 625,
nn. 2 e 4, c.p..
    In   data   3 ottobre   2001   il  pubblico  ministero  formulava
l'imputazione,  trasmettendo  gli  atti  al  giudice  per le indagini
preliminari  che,  alla  stregua  dell'articolo 409, comma 5, c.p.p.,
sarebbe  ora  tenuto  a  fissare  l'udienza preliminare osservando le
disposizioni     degli     articoli 418     e 419 c.p.p.,     nonche'
dell'articolo 128  disp.  att.  c.p.p.,  benche'  il reato per cui si
procede  appartenga  alla  cognizione  del  tribunale in composizione
monocratica e non sia prevista, ai sensi dell'articolo 550 c.p.p., la
fissazione dell'udienza preliminare.
    L'anzidetta  soluzione  e',  ad  avviso  di  questo giudice, mero
frutto di una svista legislativa.
    Dopo  l'introduzione  del  giudice  unico,  la ripartizione delle
attribuzioni  tra  tribunale  collegiale  e  monocratico e l'espressa
previsione  della  necessita'  d'udienza preliminare per i piu' gravi
reati  attribuiti  alla  cognizione  del  tribunale  in  composizione
monocratica,   il   legislatore,   nel   riscrivere   le  regole  del
procedimento  davanti  a detto tribunale ed in particolare l'art. 554
c.p.p.,  ha omesso i necessari interventi di coordinamento in materia
di  procedimento d'archiviazione, segnatamente ha omesso di prevedere
che, in caso di ordinanza di formulazione coatta dell'imputazione per
un  reato attribuito alla cognizione del tribunale monocratico per il
quale  non  sia  imposta la celebrazione dell'udienza preliminare, il
pubblico  ministero  formuli l'imputazione nelle forme del decreto di
citazione  diretta  a giudizio anziche' con quelle della richiesta di
rinvio   a   giudizio   (cui   consegue  la  fissazione  dell'udienza
preliminare).
    Il  mancato raccordo sistematico genera profili di illegittimita'
costituzionale  dell'articolo 409,  comma 5, c.p.p. per contrasto con
gli articoli 3 e 111 della Costituzione.
    II  contrasto  con l'articolo 3 della Costituzione e' reso palese
dall'irragionevolezza  di  detta disposizione che emerge, anzi tutto,
nel  momento  in  cui  ci si avvede che, nell'udienza preliminare, il
giudice  non  potrebbe  far altro che restituire gli atti il pubblica
ministero  perche'  eserciti l'azione penale con decreto di citazione
diretta a giudizio.
    Stabilisce, invero, l'articolo 33-sexies c.p.p. che "nell'udienza
preliminare"  il  giudice,  qualora  constati  che  per il reato deve
procedersi  con  citazione  diretta  a  giudizio, pronuncia, nei casi
previsti  dall'articolo 550  c.p.p.,  ordinanza di trasmissione degli
atti al pubblico ministero per l'emissione del decreto di citazione a
giudizio a norma dell'articolo 552 c.p.p..
    In  altri  termini,  il  giudice che provvede a fissare l'udienza
preliminare,  come  impostogli  dall'articolo 409,  comma 5,  c.p.p.,
oggetto  delle  censure  contenute  nella  presente ordinanza, e' poi
tenuto,  a  norma del citato articolo 33-sexies c.p.p., a disporre la
trasmissione  degli  atti  al  pubblico ministero perche' proceda con
decreto  di  citazione a giudizio, vale a dire con l'atto d'esercizio
dell'azione  penale funzionale al procedimento per i reati attribuiti
alla  cognizione  del  tribunale monocratico in relazione ai quali la
garanzia dell'udienza preliminare non sia contemplata.
    Anche  nella  denegata  ipotesi  in  cui  dovesse  ritenersi  che
l'articolo  33-sexies  c.p.p. non si applichi ai casi in cui l'azione
penale  sia  esercitata  con la formulazione coatta dell'imputazione,
l'applicazione   della   disposizione   censurata  determinerebbe  un
ingiustificato,  diverso e piu' favorevole trattamento per l'indagato
nei  cui confronti il pubblico ministero abbia erroneamente richiesto
l'archiviazione  rispetto  all'indagato nei cui confronti il pubblico
ministero, non incorso nel medesimo errore, abbia esercitato l'azione
penale,  nell'ipotesi,  comune  ad entrambi, in cui si proceda per un
reato  appartenente  alla cognizione del tribunale monocratico per il
quale non sia prevista l'udienza preliminare.
    Nel  secondo  caso, invero, l'indagato sara' portato direttamente
al  giudizio  del  tribunale  con  il decreto di cui all'articolo 552
c.p.p.;  nel primo caso, invece, l'indagato, dopo essersi confrontato
in  contraddittorio nell'udienza camerale prevista dall'articolo 409,
comma 2,  c.p.p.,  avra'  diritto,  in  caso  di  formulazione coatta
dell'imputazione,   applicandosi   l'articolo 409,  comma 5,  c.p.p.,
all'ulteriore  contraddittorio  dell'udienza preliminare, tra l'altro
ormai,   dopo  la  recente  modificazione  dell'articolo 425  c.p.p.,
improntata  alla  medesima  regola  di giudizio cui soggiace anche il
procedimento d'archiviazione.
    La  disciplina  censurata  si porrebbe, inoltre, in contrasto con
l'articolo 111  della  Costituzione nella parte in cui prevede che la
legge deve assicurare la ragionevole durata del processo.
    E'   di   tutta  evidenza,  invero,  che  l'attuale  formulazione
dell'articolo 409, comma 5, c.p.p., attraverso la citata duplicazione
delle  fasi  in  contraddittorio,  andrebbe  nella  direzione opposta
rispetto all'anzidetta regola costituzionale.
    In    conclusione,    l'articolo 409,    comma 5,    c.p.p.    e'
incostituzionale  nella parte in cui prevede che il giudice fissi con
decreto  l'udienza  preliminare,  osservando in quanto applicabili le
disposizioni degli articoli 418 e 419 c.p.p. anche nel caso in cui il
reato  per cui e' stata ordinata la formulazione dell'imputazione sia
compreso tra quelli per cui si deve procedere con citazione diretta a
giudizio  ovvero  nella  parte  in  cui  non  prevede che il pubblico
ministero  debba  formulare  l'imputazione  con  citazione  diretta a
giudizio nel caso in cui l'ordine di formulare l'imputazione riguardi
un  reato compreso tra quelli per cui si deve procedere con citazione
diretta.
    La  declaratoria  di  incostituzionalita'  imporrebbe al pubblico
ministero  di formulare l'imputazione coatta con decreto di citazione
diretta a giudizio.